"Resteremo qui fino a quando il popolo afghano avrà bisogno di noi”
Racconto da Herat del responsabile afghano dell'ufficio WFP. " Il futuro rimane incerto, sconosciuto. Ma come la Cittadella di Herat, il WFP rimane solido, una fortezza contro la fame. Fino a quando il popolo afgano avrà bisogno di noi, resteremo al suo fianco".
Herat è la mia città. Il luogo che io e la mia famiglia chiamiamo casa. Herat è la capitale culturale dell’Afghanistan, conosciuta per le arti, la poesia, la letteratura, la musica. E per il Qala Iktyaruddin, la Cittadella di Herat, che a detta di alcuni sarebbe stata una delle fortezze di Alessandro il Grande.
È una città antica, che ha conosciuto diverse guerre in passato. Eppure, non avremmo mai immaginato che la guerra sarebbe tornata ancora un volta, in questo modo.
A partire dall’inizio di luglio, i combattimenti hanno cominciato ad intensificarsi ad una velocità mai vista, con la linea del fronte che si avvicinava sempre di più. I primi giorni di agosto, aveva circondato la città. Tutte le strade erano bloccate e gran parte dei voli cancellati.
Fuori dalle nostre finestre, infuriavano i combattimenti. Sentivo le raffiche delle mitragliatrici, qualche volta l’artiglieria. Tutto era cambiato in un modo così rapido e drammatico, eravamo tutti sotto shock. Amici e familiari si organizzavano per fuggire. I miei bambini, terrorizzati, mi dicevano “Ayesha e la sua famiglia sono andati via, Baba”. Qualche minuto più tardi, tornavano da me informandomi che “Rasa e i suoi genitori sono partiti, Baba.” Cosa potevo rispondere? “Non ci succederà niente”, ho detto.
Già l’inizio del 2021 è stato molto difficile, con metà della popolazione afghana che aveva bisogno di assistenza umanitaria. È possibile che il peggio debba però ancora arrivare.
Avevamo la guerra davanti a casa, ma la nostra routine non cambiava. Una collega, una volta, scherzando disse che “quello che noi chiamiamo business as usual è in realtà incredibile per molte persone”. Aveva ragione. È normale per noi fare il nostro lavoro in quello che è, probabilmente, uno dei contesti più difficili al mondo. Guerre, siccità, alluvioni e, di recente, la pandemia di Covid-19: è questo che dobbiamo affrontare ogni singolo giorno. I nostri convogli carichi di cibo sono sempre in movimento, che piova o che risplenda il sole in cielo, su percorsi che si snodano tra i picchi montagnosi del paese.
Non è stato facile prendere la decisione di rimanere, quando gli scontri sono scoppiati nella città. Ma, per me e per i miei colleghi, non ci sono stati dubbi. Per noi, la battaglia più grande nel paese, al momento, è quella contro la fame. Milioni di persone dipendono dal cibo del WFP per sopravvivere, è adesso che hanno più bisogno di noi. Tra poche settimane arriverà l’inverno e, a quel punto, i rifornimenti del WFP saranno esauriti. Sarà una catastrofe se non riusciremo a portare cibo nel paese e consegnarlo alle comunità prima che le strade siano interrotte dalla neve.
Il 12 agosto Herat è caduta. Tre giorni dopo, è stata la volta di Kabul.
Ci sono giorni in cui la situazione, qui, sembra più tranquilla e noi andiamo avanti con la nostra solita routine. È di nuovo business as usual. Altre volte, però, mi chiedo se non ci aspetta un’altra tempesta all’orizzonte.
Un altro capitolo si è aggiunto, ancora una volta, alla lunga storia della mia città. Il futuro rimane incerto, sconosciuto. Ma come la Cittadella di Herat, il WFP rimane solido, una fortezza contro la fame. Fino a quando il popolo afgano avrà bisogno di noi, resteremo al suo fianco.
*Articolo pubblicato su La Stampa il 30 agosto 2021.
Leggi il primo e il terzo episodio de Diari dall'Afghanistan.