Per il bene degli afghani, speriamo in una transizione pacifica
Con il paese sull'orlo di una catastrofe umanitaria, gli afghani hanno bisogno di assistenza ora più che mai.
Un’altra alba si affaccia sulla catena di montagne brulle e polverose che circondano Kabul e la mia mente è già in fibrillazione. Gli eventi dei giorni passati, da quando i talebani hanno preso il controllo della capitale, continuano a riaffacciarsi alla memoria – i colpi di arma da fuoco, l’angoscia dei nostri colleghi afghani. Sono giorni di paura, imprevedibili.
Sapevamo che le cose sarebbero cambiate, con il ritiro delle truppe straniere, ma la velocità con cui è successo ci ha colti tutti di sorpresa. Abbiamo lavorato in zone sotto l’influenza talebana per molti anni e i talebani ci hanno assicurato che il World Food Programme potrà continuare il proprio lavoro. Le incertezze, però, sono ancora molte.
Quello che più mi preoccupa è il pensiero dei milioni di persone in tutto l’Afghanistan che fanno affidamento sulla nostra assistenza. Un conflitto che dura da decenni, forti siccità una dietro l’altra causate dal cambiamento climatico e, più recentemente, la pandemia di Covid-19 hanno portato questo paese, bello e tormentato, al limite di una catastrofe umanitaria. Ci avviciniamo ad un altro duro inverno afghano e già una persona su tre non ha abbastanza cibo da mettere in tavola. Due milioni di bambini sono denutriti. L’incertezza getta una lunga ombra sulla nostra capacità di continuare il nostro lavoro salvavita.
E poi ci sono i nostri colleghi afghani. Una squadra di 450 uomini e donne – leader nelle loro comunità, che lavorano con il WFP al servizio dei loro connazionali. Ho una grandissima ammirazione per loro. Anche in questa difficile situazione, il nostro staff nazionale continua a venire al lavoro e, in sicurezza, garantisce la continuazione delle consegne di cibo a coloro che ne hanno più bisogno.
Per il bene di tutti gli afghani, bambine e bambini, donne e uomini, ora speriamo in una transizione pacifica. Questo paese soffre da troppo tempo. Il World Food Programme e altre agenzie umanitarie deveno continuare il loro lavoro vitale, raggiungere chi ha maggiormente bisogno, famiglie sfollate per il conflitto, agricoltori che hanno perso il raccolto, persone il cui lavoro è svanito a causa delle conseguenze economiche della pandemia di Covid-19.
Queste persone sono il motivo per cui siamo in Afghanistan da 60 anni, facendo in modo che abbiano abbastanza cibo per il presente e un futuro migliore a cui aspirare. Intendiamo continuare ad essere al fianco dei nostri amici afghani. Non ci schieriamo, lasciamo ad altri le considerazioni politiche, economiche o militari, il nostro compito è fornire sostegno a chi ne ha bisogno, ovunque essi siano. Nella prima metà del 2021, abbiamo consegnato cibo e assistenza nutrizionale a 5,5 milioni di afghani, comprese le persone sfollate di recente a causa dei combattimenti. All’inizio di questo mese, quando cominciavano ad arrivare numerosi a Kabul dalle altre province, abbiamo iniziato ad assisterli in varie parti della città con i nostri team mobili.
I giorni passati sono stati segnati dalla preoccupazione, ma so che il nostro lavoro umanitario deve continuare. E spero che la comunità internazionale rafforzerà il suo sostegno alla risposta umanitaria. Il WFP ha bisogno con urgenza di 200 milioni di dollari, le nostre scorte di cibo si esauriranno ad ottobre, proprio quando non rimarrà neanche quel poco cibo rimasto dallo scorso raccolto, e quando l’inverno busserà alle porte.
Dervla Murphy, una scrittrice irlandese, una volta scrisse di Herat (ma credo sia emblematico per tutto il paese): “L’Afghanistan è vecchio come la storia e commovente come un grande poema epico”. La popolazione afghana vive in una continuità che precede la guerra, e attraverseranno anche questo periodo. Ma, per farlo, hanno bisogno di avere noi al loro fianco. Forse, ora più che mai.
*Articolo pubblicato su La Stampa il 19 agosto 2021.
Leggi il secondo e il terzo episodio de Diari dall'Afghanistan.