Le cinque fasi della fame, dalla sicurezza alimentare alla carestia
Oggi, 42,3 milioni di persone in tutto il mondo sono sull’orlo della carestia. Tutti insieme, conflitti, cambiamenti climatici e instabilità economica globale creano crisi alimentari nei paesi di tutto il mondo. Il Sudan sta diventando la più grande crisi umanitaria del mondo, mentre altri punti caldi duramente colpiti includono Gaza, Ciad, Sud Sudan e Haiti.
Ma come si definisce una carestia e quali sono le fasi che intercorrono prima che le persone raggiungano un livello di fame così catastrofico?
Lo standard globale per misurare l’insicurezza alimentare, quella che potremmo vedere come la “scala Richter” della fame, è l’Integrated Food Security Phase Classification (IPC). Qui uno sguardo più in dettaglio ai diversi parametri (fasi) della fame:
1) Nessuna/minima insicurezza alimentare (fase 1 IPC)
In una situazione di insicurezza alimentare acuta assente o minima, le persone sono in grado di soddisfare i propri bisogni alimentari e non alimentari essenziali senza impegnarsi in strategie atipiche e insostenibili per accedere al cibo e al reddito. In questa fase, meno del 5 per cento della popolazione è malnutrita e le persone hanno un reddito stabile. La quantità e la qualità del cibo sono costanti per la maggior parte delle persone, con più di 2.100 calorie pro capite al giorno.
2) Insicurezza alimentare a livello di "stress" (fase 2 IPC)
In questa fase le persone hanno un consumo alimentare a livello minimo ma sono in grado di permettersi alcuni beni essenziali non alimentari senza impegnarsi in strategie di gestione dello stress. Hanno redditi insostenibili, incontrano difficoltà nel soddisfare i propri bisogni di base e devono apportare alcuni cambiamenti al fine di soddisfare i loro bisogni non alimentari. In questa fase, il 5-10 per cento della popolazione è malnutrita in forma acuta e le persone assumono 2.100 calorie al giorno, cioè a malapena hanno una diete adeguata che soddisfi i propri bisogni alimentari.
3) Insicurezza alimentare acuta a livello di "crisi" (fase 3 IPC)
In questa fase le famiglie si trovano ad affrontare carenze nel consumo di cibo e malnutrizione acuta, oppure sono appena in grado di soddisfare i propri bisogni alimentari ricorrendo a strategie di adattamento come, per esempio, vendere beni essenziali. Le scelte alimentari sono limitate e le persone fanno di tutto per assumere le calorie di cui hanno bisogno. In questa fase, circa il 10-15 per cento della popolazione è gravemente malnutrita e si registra una grave interruzione nei redditi delle persone.
4) Insicurezza alimentare acuta a livello di "emergenza" (fase 4 IPC)
In questa fase, le famiglie si trovano ad affrontare ampi gap nel consumo alimentare, oltre a tassi molto elevati di malnutrizione acuta e forte mortalità, oppure riescono a superare i gap nel consumo alimentare solo vendendo i pochi beni rimasti. La perdita di reddito in questa fase è irreversibile e tra il 15 e il 30 per cento della popolazione è gravemente malnutrita. Le persone hanno accesso a tre, o meno, gruppi alimentari come frutta, cereali e verdura e assumono meno di 2.100 calorie al giorno.
5) "Catastrofe" o "Carestia" (Fase 5 IPC)
Si tratta della fase più grave della fame. In un mondo di abbondanza non dovrebbe esistere la carestia, che significa una totale mancanza di accesso al cibo e ad altri bisogni primari. Le famiglie si trovano ad affrontare un’estrema mancanza di cibo e di altri bisogni primari anche dopo che sono stati messi in atto tutti i possibili meccanismi di adattamento. Sono evidenti fame, morte, miseria e livelli estremamente critici di malnutrizione acuta. Almeno due persone su 10.000 muoiono di fame o di malattie, in condizioni di carestia. Almeno il 30 per cento di bambini soffre di malnutrizione acuta e vi è una perdita totale di reddito. Le persone hanno accesso solo a uno o due gruppi alimentari e c’è un’estrema carenza di calorie pro capite al giorno. Almeno il 20 per cento delle famiglie si trova ad affrontare una grave carenza di cibo.