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La sicurezza alimentare è donna

È imperativo accelerare i progressi negli investimenti su donne e ragazze se si vuole arrivare a un mondo libero dalla fame. 
, Emanuela Cutelli

Non è solamente urgente, ma sarebbe anche incredibilmente intelligente la scelta di investire nell’uguaglianza di genere e nell’empowerment delle donne. Sempre che si voglia davvero migliorare la crescita economica, la sicurezza alimentare, le opportunità di reddito, in breve, migliorare la vita delle persone e delle comunità, tanto a livello locale che a quello globale, con un occhio particolare alle zone rurali, dove vive il maggior numero di poveri.

Infatti, ovunque si guardi, nel mondo, sono le donne a soffrire maggiormente l’insicurezza alimentare. Le radicate disuguaglianze di genere sono sia causa che effetto della fame, della malnutrizione e della povertà, colpiscono l’accesso al cibo e la sua disponibilità, minando ulteriormente l’uguaglianza di genere e l’empowerment femminile. Un circolo vizioso che solo pratiche e politiche illuminate potranno rompere.

Afro-descendant Colombian woman holds gourd
Yascuran è una donna afrodiscendente in Colombia che partecipa ad un progetto per l'adattamento climatico per accrescere la resilienza, promuovere l'inclusività e salvaguardare il patrimonio culturale e le risorse naturali. Foto: WFP/Daniel Torres

Le donne hanno minori opportunità di acquistare terreni, bestiame o attrezzature per la produzione di cibo, sono meno collegate alle catene alimentari del valore e posseggono meno terra. E anche quando la posseggono, la loro produttività è inferiore del 24 per cento rispetto a quella maschile, e non certo per mancanza di capacità o competenze, ma perché le donne hanno minore accesso a prestiti, ai fattori di produzione e a macchinari agricoli.

La forza lavoro agricola mondiale è oggi per quasi la metà composta da donne, ma meno di un proprietario terriero su cinque nel mondo è donna - per non parlare delle differenze nelle retribuzioni: le donne guadagnano, in media, il 18,4 per cento in meno degli uomini in agricoltura.  

In Africa sub-sahariana, il 66 per cento degli impieghi femminili si registrano nei sistemi agroalimentari, in Asia meridionale si raggiunge addirittura il 71 per cento. Si capisce bene, quindi, l’importanza fondamentale che le donne hanno nella sicurezza alimentare nazionale e globale. E tuttavia, le disuguaglianze, dovute a norme sociali discriminatorie nelle società e nei sistemi agroalimentari, le rendono vulnerabili più degli uomini a fame e povertà. Nel 2022, erano 388 milioni le donne e le ragazze in estrema povertà, il 27,8 per cento di loro soffriva di insicurezza alimentare moderata o grave.

A woman waters with a watering can an onion field
Una donna in Burkina Faso innaffia piante di cipolla. Foto: WFP/Cheick Omar Bandaogo

Sul fronte climatico non va molto meglio. Dal Mozambico alla Bolivia, le donne sono spesso le prime e le più colpite dall’impatto devastante del cambiamento climatico, che sta anche esacerbando le esistenti disuguaglianze di genere. Spesso le donne hanno meno voce in capitolo nelle decisioni sul clima. Da notare come anche la partecipazione delle donne alle conferenze sul clima delle Nazioni Unite, inclusa l’ultima COP28 a Dubai, è aumentata solo marginalmente – dal 30 al 35 per cento – negli ultimi dieci anni. Bizzarro, quando si pensa che la crisi climatica colpisce in modo sproporzionato proprio le donne, che rappresentano l'80 per cento degli sfollati a causa dei suoi effetti. Pur essendo, infatti, in prima linea in settori fortemente vulnerabili ai cambiamenti climatici, come l’agricoltura e la pesca, spesso non dispongono delle risorse necessarie ad adattarsi ai cambiamenti climatici.

Eppure le donne sono fondamentali per qualsiasi soluzione climatica sostenibile, dicono gli esperti. Sono le più vicine alla terra, all’acqua e alle altre risorse naturali sempre più a rischio. Sono quindi loro che comprendono meglio l’importanza di preservarli. Per questo il World Food Programme mette le donne al centro dei suoi interventi, perché investire sulle donne ha un impatto trasformativo sullo sviluppo e sulla crescita globali, perché investire nell’uguaglianza di genere e nell’empowerment delle donne può liberare il pieno potenziale di donne e ragazze, con un effetto a catena su tutta la società.

I programmi del WFP sostengono la ripresa di donne malnutrite e aiutano a prevenire la denutrizione di donne e ragazze, migliorando il loro regime alimentare, qualitativamente e quantitativamente. Spesso, infatti, in famiglia non solo sono le ultime a mangiare, ma mangiano meno e cibo meno nutriente. In situazioni di crisi, poi, non mangiano affatto, per lasciare il poco cibo disponibilie ai propri figli. Alle donne incinte e che allattano, che soffrono di malnutrizione acuta, il WFP fornisce cibi speciali e nutrienti e le aiuta ad accedere ai servizi sanitari per rimettersi in salute.

Tra le iniziative di rilievo, per proteggerle dalle conseguenze degli shock climatici, c’è l’accesso alle assicurazioni contro i rischi climatici, una sorta di vitale rete di protezione sociale, che permette loro di salvaguardare se stesse e le proprie famiglie dagli impatti nefasti del cambiamento climatico.

Come in Africa orientale, colpita da inondazioni mortali che hanno fatto seguito alla peggiore siccità degli ultimi decenni, dove il WFP sta lanciando progetti rispettosi del clima come stufe a basso impatto ambientale, ampliando l’accesso delle donne all’assicurazione climatica e ad altri servizi, e lavorando con i partner per rimuovere le barriere che impediscono alle donne di avere pari controllo sulla terra e sulle altre risorse naturali. In Nepal e Bangladesh, il WFP insieme ai partner locali fornisce alle contadine sementi più resistenti e strumenti per l’irrigazione a goccia che le aiutano ad adattarsi meglio alle condizioni climatiche estreme. In America Latina, aiutiamo le donne indigene a diversificare i propri mezzi di sussistenza, a sfruttare pratiche rispettose del clima tramandate di generazione in generazione e ad apprenderne di nuove.

Uru girl in Bolivia in front of a fish farm installed by WFP Bolivia. WFP/Divha Gantier
Una bambina Uru, in Bolivia. Il rilancio delle attività per il rafforzamento dell'identità culturale supporta la sostenibilità delle azioni sul campo. Gli Uru, che significa "Popolo dell'acqua", potranno mantenere il loro legame con la pesca attraverso l'installazione di allevamenti ittici nella regione. Foto: WFP/Divha Gantier

Mettere a frutto le conoscenze indigene è un punto di forza di molti di questi progetti, come nell’altopiano boliviano, dove un’attività del WFP aiuta le donne Uru a formare competenze per produrre e vendere prodotti artigianali da cui ricavare reddito, perché il cambiamento climatico ha causato il prosciugamento del lago da cui dipendeva l’economia della comunità (Uru significa “la popolazione dell’acqua”), insieme ad altre iniziative che si concentrano sui sistemi di utilizzo dell’acqua, come i bacini di raccolta dell’acqua piovana e i sistemi di irrigazione, insieme agli stagni per la pesca. Le donne Uru provengono da comunità indigene, per le quali la crisi climatica ha esacerbato la discriminazione e la povertà di lunga data – e la cui conoscenza, tramandata di generazione in generazione, è inestimabile.

Centrale in questa strategia globale di empowerment femminile sono i trasferimenti di denaro, che danno potere alle donne – avere denaro da gestire direttamente ha un valore trasformativo e liberatorio – e servono da catalizzatore per una loro inclusione nell’economia. Si tratta di progetti particolarmente importanti proprio perché le donne sono spesso emarginate finanziariamente.

The women's empowerment project has built skills, incomes and social cohesion and is challenging the status quo in Ethiopia's Somali region. Photo: WFP/Michael Tewelde
Donne etiopi, nella regione somala, che partecipano ad un progetto del WFP per l'empowerment femminile. Foto: WFP/Michael Tewelde

Quando possibile, il WFP fornisce alle donne un primo accesso a conti bancari o di denaro elettronico: la gestione in sicurezza di questi conti è uno strumento fondamentale per il miglioramento delle proprie capacità finanziarie, come la gestione dei risparmi, l’accesso a prestiti e la costruzione di una competenza finanziaria a beneficio non solo delle donne stesse ma delle loro famiglie.

Serve però un’azione globale che investa a diversi livelli sull’empowerment femminile, e ce lo conferma l’OCSE, con un dato scoraggiante: ad oggi, solo il quattro per cento degli aiuti bilaterali è diretto a programmi che abbiano come obiettivo principale l’uguaglianza di genere. Non è un buon segnale. Non bisogna tuttavia disperare, ma è necessario tenere i riflettori puntati su quella parte maggioritaria della popolazione mondiale che sfama, cura, protegge, lavora, si ingegna e combatte per i propri diritti. A partire dalle bambine e dalle ragazze, perché abbiano, tutte, ovunque si trovino, un’istruzione adeguata e di qualità. Un futuro senza disuguaglianze di genere, in fondo, comincia da lì. 

 

Articolo originariamente pubblicato sulla rivista The Map Report. 

 

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