“Inevitabile” la fame per milioni di persone senza casa a causa dei conflitti in Medio Oriente
La crisi in Medio Oriente vede milioni di persone costrette ad abbandonare le proprie case, in condizioni di indigenza e fame nel mezzo di una guerra dilagante che ha causato migliaia di vittime. In questa conversazione, Corinne Fleischer, Direttrice regionale per il Medio Oriente, il Nord Africa e l'Europa orientale, parla di come il World Food Programme (WFP) stia facendo tutto il possibile per raggiungere chi ha bisogno, nonostante i notevoli ostacoli dovuti, per esempio, alla mancanza di finanziamenti e ai problemi di accesso.
Può descriverci l'impatto di questa emergenza per milioni di persone?
Il primo problema è lo sfollamento. La regione contava già sei milioni di rifugiati siriani. A Gaza, quasi l'intera popolazione è stata sfollata più volte, parliamo di circa due milioni di persone. In Libano, quasi un milione di persone sono già state sfollate a causa dell'allargamento del conflitto. Inoltre, ora stanno arrivando nella regione rifugiati sudanesi, in Egitto, in Libia, per sfuggire a un altro disastro umanitario. Se si mette tutto insieme, si tratta di un massiccio sradicamento di persone.
"Le persone sono ad un totale punto di rottura"
Ci sono 460.000 persone che lasciano il Libano per la Siria. È straziante ascoltare le famiglie siriane che devono tornare nel paese dopo anni passati in Libano come rifugiati. Tornano nelle comunità che li accolgono generosamente. Ma queste sono comunità in cui il WFP ha dovuto tagliare l'80 per cento dei beneficiari a causa della mancanza di fondi. Queste famiglie stanno sostenendo gli altri con il nulla, perché hanno solo quello. Le persone sono ad un totale punto di rottura.
Come si trasforma tutto questa in una crisi della fame?
Lo sfollamento non significa solo immensa sofferenza umana e perdita di mezzi di sostentamento. Significa fame. Stiamo assistendo a un aumento della fame a Gaza, in Libano, in Siria e in altri posti. Nei prossimi sei mesi la carestia è una possibilità reale in alcune parti di Gaza, si prevede che oltre il 90 per cento della popolazione della Striscia affronterà un'acuta insicurezza alimentare [secondo l'ultima analisi dell'IPC]. In tutta la regione, centinaia di migliaia di famiglie hanno perso tutto: case, mezzi di sostentamento, beni e risparmi. I rifugi sono oltre la loro capacità e le persone sono alla disperata ricerca di un qualunque posto dove rifugiarsi. La fame è inevitabile in tali condizioni e le esigenze umanitarie aumentano di giorno in giorno.
Qual è l'impatto economico sulla regione e sulle persone in generale?
La guerra in Ucraina è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, poiché questa regione importa molto cibo e i prezzi erano già saliti alle stelle, molte famiglie non riuscivano a permettersi il cibo. Questa guerra sta peggiorando ulteriormente le cose. Colpisce i redditi dei governi, delle aziende e delle persone. Oltre all'immensa sofferenza, si stanno perdendo posti di lavoro e i prezzi stanno salendo. L'intera regione e molte, molte famiglie sono in difficoltà.
Cosa può fare il WFP per sostenere le persone colpite?
Negli ultimi due anni abbiamo risposto a sette improvvise emergenze in questa regione. Abbiamo dimostrato di esserci per coloro che dipendono dal nostro supporto. In Libano, stiamo aumentando la nostra assistenza alimentare di emergenza per raggiungere fino a un milione di persone, distribuendo pasti caldi, razioni pronte al consumo, pacchi alimentari, pane fresco, panini e denaro di emergenza. Nel Libano settentrionale e centrale sono state allestite cucine e operazioni che forniscono pasti caldi a quanti cercano sicurezza nei rifugi. Abbiamo anche ripreso i normali programmi di distribuzione di contanti.
"Abbiamo dimostrato di esserci per coloro che dipendono dal nostro supporto"
A Gaza, ad ottobre, abbiamo raggiunto solo il 45 per cento dell'1,1 milioni di persone che prevedevamo di assistere, con aiuti ridotti a causa della mancanza di accesso. Siamo riusciti a fornire 8,8 milioni di pasti a oltre 350.000 persone nonostante le scorte limitate che abbiamo a Gaza. In Siria, stiamo fornendo assistenza alimentare ovunque possibile, compresi i valichi di frontiera, i centri di accoglienza e le comunità ospitanti. Stiamo anche dando assistenza alimentare ai rifugiati sudanesi in Egitto e in Libia.
Come possiamo garantire una risposta efficace in uno scenario così difficile?
Bisogna essere preparati. Prima dell'escalation in Libano, abbiamo pre-posizionato cibo, apparecchiature tecnologiche e unità di stoccaggio, in previsione del fatto che non saremmo stati in grado di entrare in seguito. Stiamo testando diverse rotte di rifornimento in Libano, quindi se una o l'altra è chiusa, abbiamo altre opzioni per entrare.
In tutta la regione, ci siamo domandati: quante persone prevediamo saranno sfollate all'interno e oltre i confini, dov'è il nostro cibo, abbiamo il cibo per rispondere nella regione, quali sono le nostre rotte di rifornimento? Perché ogni volta che c'è una guerra, i porti sono chiusi, i valichi sono chiusi e dobbiamo assicurarci di poter entrare. Eravamo preparati per questo.
Ma con la volatilità in questa regione, la preparazione deve andare oltre. Stiamo prendendo in considerazione magazzini in tre località della regione che hanno disponibilità di cibo pronto al consumo, per ridurre i tempi che passano normalmente tra il momento in cui acquistiamo il cibo fino a quando non viene confezionato, assemblato e spedito. Questo può ridurre i tempi di consegna da 100 a 3 giorni, il che è fondamentale in caso di emergenze improvvise.
Quale è il nostro messaggio ai donatori?
Innanzitutto, che questa regione ha bisogno di pace. Questo è il nostro primo messaggio. Altrimenti, questa crisi avrà la meglio sulle possibilità finanziarie e operative della comunità internazionale, perché milioni di persone potrebbero attraversare i confini e le catene di approvvigionamento interrompersi.
Il secondo messaggio è di ringraziamento per i loro finanziamenti. Siamo molto, molto grati per la generosità dei nostri donatori che riconoscono il valore del nostro lavoro in questi scenari di guerra. Abbiamo tuttavia bisogno di molto di più.
"Le nostre operazioni sono pronte, e noi siamo pronti a darci da fare e a potenziare gli sforzi"
I donatori sono intervenuti generosamente per alcune operazioni, non così per altre: per esempio non stiamo ricevendo abbastanza per la Siria. Abbiamo intensificato le operazioni, ma solo grazie ai pochi fondi che avevamo per i nostri interventi regolari, e che dobbiamo ora reintegrare.
In terzo luogo, abbiamo bisogno del sostegno dei governi nostri donatori per l'accesso di cui abbiamo bisogno. Le nostre operazioni sono pronte, e noi siamo pronti a darci da fare e a potenziare gli sforzi.
Che effetto hanno queste restrizioni nell'accesso sulle operazioni umanitarie?
A Gaza è molto complicato arrivare con i camion. Abbiamo bisogno di molti, molti camion per far arrivare il nostro cibo. Al momento, ne entra davvero pochissimo. Il problema è doppio, perché noi non riusciamo a far entrare cibo e allo stesso tempo il settore privato è in grado di portare solo circa la metà di quanto portava prima. Di conseguenza, i mercati sono praticamente quasi vuoti. Un mese e mezzo fa ero a Gaza, e mi ricordo di aver visto frutta fresca al mercato. C'erano verdure al mercato di Deir al-Balah [città nella Striscia di Gaza centrale]. Non tutti potevano permetterselo ma c'era. Ora i mercati sono vuoti. Non arriva cibo. Il cibo non è disponibile, è importante che noi si riesca ad entrare per portarlo alle persone che ne hanno disperatamente bisogno.
Che impatto avrebbe un cessate il fuoco sulle nostre operazioni umanitarie?
Ogni volta che abbiamo accesso e portiamo sufficienti quantità di cibo, la fame diminuisce. Con il primo e unico cessate il fuoco finora a Gaza, quasi un anno fa, abbiamo dimostrato che siamo stati in grado di gestire e stabilizzare la situazione della fame nel nord di Gaza.
L'abbiamo visto con l'ultimo IPC (Integrated Phase Classification report). C'era stato un leggero miglioramento nella situazione della fame perché abbiamo avuto un migliore accesso per portare abbastanza cibo a luglio e agosto. Ma ad ottobre, non riusciamo a portare quasi nulla. Non stiamo raggiungendo le persone. Il rischio di carestia è forte e stiamo andando in quella direzione se non riusciamo ad avere accesso alle popolazione.
Come se la cava il personale locale, con le loro vite e quelle delle loro famiglie colpite così direttamente?
Ogni giorno, il nostro personale deve fare una scelta molto difficile: mi prendo cura della mia famiglia o vado a lavorare? E vengono a lavorare, perché dicono: ci sono persone che stanno peggio di noi, e aiutarli è per noi motivo di orgoglio.
Nutro un enorme rispetto per i nostri colleghi che sono in questi posti, che si presentano ogni giorno al lavoro mentre sono colpiti come il resto della popolazione. Speriamo che questa crisi finisca. Perché le persone hanno bisogno di una pausa. Anche il nostro personale locale ha bisogno di una pausa. Anche loro e le loro famiglie sono colpiti.
Ha lavorato in Siria come Direttrice WFP durante un intenso conflitto. Che insegnamenti può dare quel periodo?
Il WFP ha supportato le famiglie siriane negli ultimi 13 anni per assicurarsi che avessero cibo sulla tavola. Ma dobbiamo tutto alle persone, che ci hanno permesso di aiutarle nella ripresa, noi abbiamo dimostrato di avere gli strumenti per riuscirci, con un forte impatto e su larga scala.
A Deir Ez-Zor, il WFP ha lavorato con la FAO alla riabilitazione dei sistemi di irrigazione, per far arrivare di nuovo l'acqua dal fiume alle grandi reti di canali, così che gli agricoltori potessero irrigare le loro terre e produrre quantità maggiore di raccolto. I risultati sono stati sorprendenti: riduzione dei bisogni umanitari, riduzione delle strategie di adattamento negative, raccolto di grano decuplicato, creazione di opportunità di lavoro, sia nelle aziende agricole che fuori, che hanno portato a un maggior numero di persone che sono tornate nella zona.
"Con la sofferenza che ho visto a Gaza, non mi aspettavo di vedere bambini sorridere...ma i loro sorrisi sono molto tristi."
Invece di dover sfamare le stesse persone con finanziamenti sempre più ridotti, le persone non hanno più bisogno di noi. Quando le condizioni sono giuste, questo è l'impatto che possiamo avere. Ma abbiamo prima di tutto bisogno di pace e stabilità, e abbiamo bisogno di finanziare le attività. Dobbiamo farlo il più rapidamente possibile.
Dai viaggi che ha fatto nella regione e da ciò che ha visto, cosa le è rimasto più impresso?
Sono i bambini. Ovunque andiamo, ci vengono sempre incontro. Si adattano alle situazioni, sorridono e giocano. Con la sofferenza che ho visto a Gaza, non mi aspettavo di vedere bambini sorridere. Sì, lo hanno fatto, ma i loro sorrisi sono molto tristi. I loro occhi sono molto tristi, quindi vedi attraverso di loro l'immensa sofferenza che stanno attraversando, senza alcun futuro davanti, per ora, e questo è straziante.
Significativi deficit di finanziamento minacciano la capacità del WFP di mantenere l'assistenza alimentare di emergenza per le persone colpite dalla recente escalation.
Abbiamo urgente bisogno di:
Siria: 50 milioni di dollari per raggiungere 480.000 persone entro la fine di marzo 2025.
Libano: 116 milioni di dollari per fornire assistenza alimentare di emergenza a un massimo di un milione di persone entro la fine del 2024.
Gaza e Cisgiordania: 178 milioni di dollari fino alla fine del 2024.