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Cosa bolle in pentola? Un futuro più pulito e sostenibile

Raffaella Bellanca, fisica ambientale, racconta la sua esperienza in prima linea con il World Food Programme per garantire a tutti l'accesso all'energia, anche nei contesti più difficili.
, WFP Italia
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Raffaella Bellanca in missione con il World Food Programme a Gitega, Burundi.

Eccoci giunti alla seconda puntata di Italiani in Prima Linea, con gli straordinari racconti degli italiani e delle italiane che lavorano con passione e coraggio per il World Food Programme per garantire una vita migliore a milioni di persone. In questo secondo appuntamento, parliamo con Raffaella Bellanca, fisica ambientale specializzata in "Accesso all'energia". Grazie al lavoro di Raffaella e dei suoi colleghi, il WFP garantisce accesso all'energia anche ai meno fortunati, perchè avere accesso ad energia pulita è un diritto di tutti, in ogni parte del mondo.

Raffaella, qual è stato il tuo percorso professionale e come sei arrivata al WFP?

Il mio non è stato un vero e proprio percorso, è stato piuttosto un inciampare qua e là! All'università ho studiato Fisica dell'Ambiente nella speranza di lavorare nel settore della protezione ambientale, ma per mancanza di opportunità ho cominciato a lavorare nell'ambito della combustione scrivendo programmi per la simulazione dei processi di combustione delle caldaie per ottimizzare l'efficienza e diminuire le emissioni.

Successivamente mi sono trasferita in Svezia dove intendersi di fluidodinamica era un valore aggiunto, è per questo che, quando mi hanno offerto di cominciare un dottorato in ingegneria della combustione, ho accettato! In realtà, però, la combustione non mi appassionava; vedevo i miei colleghi entusiasmarsi alle conferenze mentre io riuscivo a malapena a restare sveglia. Ho allora deciso di cambiare completamente carriera: ho fatto un master in "Comunicazione per lo Sviluppo", ho cominciato a fare del volontariato nel settore e nel 2007 mi sono avvicinata alla cooperazione internazionale. Ho iniziato a lavorare come consulente per diverse organizzazioni non governative in vari paesi, a Londra, in Mali, ad Haiti e mi sono specializzata nel settore dell'accesso all'energia.

L'anno scorso, ho visto che si era aperta una posizione al World Food Programme a Roma, e ho pensato che, dopo 20 anni di vita all'estero, fosse arrivato il momento di tornare a casa. Quello che più mi ha attratta di questa posizione è stata l'opportunità di influenzare il modo in cui funziona il mondo: fare qualcosa che funziona all'interno del WFP significa poter replicare quell'azione su scale enormi con impatti visibili e misurabili. Così ho inviato la candidatura, ed eccomi qua!

Al WFP lavori nel dipartimento "Cambiamenti climatici", di che cosa ti occupi?

Mi occupo di accesso all'energia lungo tutta la catena del cibo: dalla produzione, alla trasformazione del raccolto in prodotti alimentari, fino alla consumazione. Per esempio, lavoriamo con la catena del freddo e tutto quello che consente di avere una durata più lunga del cibo, per diminuire le cosiddette perdite post-raccolto. Per tutti questi processi, sia in situazioni di emergenza che nelle azioni di prevenzione ai disastri e rinforzo della resilienza, è necessaria energia che, nelle località in cui lavoriamo, non è disponibile in forme moderne come gas ed elettricità.

"Accesso all'energia significa portare energia moderna a chi ancora non ce l'ha"

Una parte molto importante del nostro lavoro è dedicata alle cucine ecosostenibili (SAFE stoves). Il WFP lavora per garantire l'accesso al cibo, il che significa anche permettere alle persone di poterlo cucinare. Se ad esempio distribuiamo fagioli e riso, dobbiamo anche assicurarci che i beneficiari possano cucinarli.

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Raffaella Bellanca insieme al collega Emile Uwezowamungu nel deposito di cucine eco-sostenibili (safe stoves) del WFP in Burundi.

In pratica, il nostro lavoro consiste nel supportare da Roma gli uffici regionali del WFP nel momento in cui si presentano problemi legati all'accesso all'energia, dunque scriviamo proposte e aiutiamo i nostri colleghi sul campo ad ideare e realizzare progetti sostenibili e duraturi nel tempo.

Poiché questo è un settore ancora in crescita all'interno del WFP, io mi occupo anche di aumentare la consapevolezza sui benefici che questo settore può apportare a tutti i programmi e dipartimenti del WFP stesso. Di recente, per esempio, abbiamo iniziato a collaborare sia con i colleghi che si occupano dei Programmi di Alimentazione Scolastica con cui abbiamo sviluppato l'idea di fornire elettricità alle scuole affinché possano cucinare, sostenere l'apprendimento e supportare attività economiche nella comunità. L'idea di base è quella di utilizzare le scuole come punto d'ingresso per introdurre innovazione, e presentare prodotti e servizi energetici alle comunità.

Ci sforziamo anche di posizionare il WFP nel settore dell'accesso all'energia interagendo con altre agenzie, donatori e governi, creando collaborazioni con organizzazioni specializzate in questo campo.

Come è nato il progetto delle cucine ecosostenibili e qual è il suo impatto sull'ambiente?

L'attenzione verso le cucine e i fornelli ecosostenibili nel WFP è nata diversi anni fa, discutendo temi quali protezione della salute e dell'ambiente. Nel primo caso, c'era il problema dell'inalazione quotidiana di fumi tossici, dovuta all'utilizzo di legna per cucinare, che può provocare gravi problemi respiratori.

Per quanto riguarda invece l'ambiente, si era riscontrato che spesso, quando viene creato un campo rifugiati, il terreno circostante viene deforestato a causa della raccolta della legna necessaria per cucinare, il che crea notevoli tensioni con la comunità ospitante che compete per le stesse risorse. Per rispondere a questi problemi, si è dunque pensato a cucine e fornelli con un' efficienza maggiore, che riducono notevolmente le emissioni e la quantità di legna di cui si ha bisogno per preparare i pasti.

"Nell'era della scienza e del progresso, è nostro dovere fare di meglio"

Inoltre, l'utilizzo di cucine ecosostenibili, particolarmente quelle che utilizzano combustibili moderni come il gas e l'elettricità, permette alle donne di risparmiare tempo nella preparazione dei pasti. Quando si usano cucine obsolete, le donne devono raccogliere la legna, preparare il fuoco, pulire tutte le pentole perché tendono ad annerirsi (se la pentola è nera vuol dire che non sei una brava cuoca quindi bisogna tenerle pulite e splendenti), e alla fine rimane loro poco tempo per altre attività.

Grazie alle cucine ecosostenibili, invece, le donne hanno più tempo da dedicare ad attività generatrici di reddito o partecipare più attivamente alla vita sociale e decisionale della comunità.

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In un villaggio a Nord di Dafur, Khadija, madre di 14 figli, cucina con un nuovo tipo di fornello che le permette di utilizzare 2/3 di legna in meno rispetto a prima. WFP/Pia Skjelstad

Che sviluppo ha avuto negli anni l'utilizzo delle safe stoves nei progetti WFP, e in quali contesti e paesi vengono usate?

C'è sempre un motivo per migliorare il modo in cui si cucina. Un miliardo di persone nel mondo cucina ancora con la legna e tre pietre. Un paio di anni fa ero alle Isole Eolie e in un museo ho visto un fornello che assomigliava tantissimo a quelli che si trovano oggi in Africa, l'unica differenza è che quello al museo era di 6.500 anni fa. Nell'era della scienza e del progresso, è nostro dovere fare di meglio.

Per essere all'avanguardia occorre iniziare a valutare sistemi di cottura moderni, che utilizzano combustibili puliti come il gas (comunemente nelle forme di GPL o biogas) o l'elettricità. Queste tecniche moderne che permettono di cucinare con la fiamma pulita non sporcano né le pentole, né i polmoni.

Il WFP supporta programmi di promozione di queste cucine. Il nostro obiettivo è sostenere i venditori e l'economia dei paesi in cui operiamo incentivando i fornitori locali. Allo stesso tempo, cerchiamo di stimolare la domanda di queste cucine fornendo vouchers alle popolazioni per cui lavoriamo in modo che possano acquistare questi prodotti.

Non ci occupiamo soltanto delle cucine per le famiglie: attraverso il Programma di Alimentazione Scolastica, per esempio, sviluppiamo progetti simili per le scuole, dove distribuiamo ogni giorno cibo ad alto contenuto nutritivo e introduciano cucine ecosostenibili a beneficio degli operatori e dei bambini.

È altresì importante considerare il contesto generale in cui si introducono sistemi energetici, soprattutto nei paesi in via di sviluppo, in quanto un prodotto energetico ha bisogno di un ecosistema di supporto. Non possiamo portare un pannello solare e sperare che vada tutto per il meglio, perché ci vuole qualcuno che se ne prenda cura e che ne sia responsabile. Il pannello solare potrebbe essere rubato, potrebbe rompersi, serve chi lo sappia installare e chi, eventualmente, lo sappia riparare. Quindi, anche nel caso del nostro lavoro con le scuole, è necessario avere un fornitore che si occupi di installare l'impianto e, soprattutto, di mantenerlo, di gestirne l'utilizzo, ecc.

Il ruolo del WFP è di svolgere un lavoro di coordinazione e di supporto alle scuole nella fase iniziale per sostenere il costo del servizio. Quando in seguito le attività produttive si sviluppano, ci si aspetta che questo servizio si mantenga autonomamente.

"Comprendere il vero significato di sviluppo, che non è semplicemente dare il cibo al bambino che piange, è una cosa molto più complessa e al tempo stesso appassionante"

In aggiunta, grazie alla collaborazione con le scuole locali, cercheremo di introdurre nelle comunità nuovi prodotti sotto forma di prestiti. Dando la possibilità ai bambini di portare a casa una lampada solare per studiare la sera, l'intera famiglia ha la possibilità di utilizzare questo oggetto, apprezzarne i vantaggi ed eventualmente considerarne l'acquisto.

Ci racconti una tua esperienza significativa sul campo?

I momenti migliori al WFP sono in missione. Quando si guida su strade improbabili, con colleghi che vengono da tutti i posti possibili immaginabili, diretti verso progetti su cui si lavora insieme. In questi momenti ci si sente uniti, indipendentemente dalla propria storia individuale, dal colore della pelle, dalla religione o dalla lingua, poichè si lavora per raggiungere un obiettivo comune: salvare e migliorare la vita dei più bisognosi.

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Raffaela insieme ai colleghi Emile, Thorben e il coordinatore dei rifugiati nel campo di Ruygi, in Burundi.

Vi posso parlare della mia ultima missione in Burundi, dove ci siamo resi conto che non solo i beneficiari con cui lavoriamo usavano la legna o la carbonella per cucinare, ma anche i nostri colleghi.

Il problema era essenzialmente che non c'erano alternative: il mercato non offriva altre soluzioni. Dopo una piccola indagine abbiamo deciso di introdurre nel paese delle cucine elettriche alimentate ad energia solare. Uno degli interrogativi essenziali di questo progetto era capire se i nostri colleghi effettivamente avessero non solo la disponibilità, ma anche l'interesse ad acquistare queste cucine.

Fortunatamente, abbiamo riscontrato un grande interesse, e ne siamo rimasti molto soddisfatti. Addirittura, gli iscritti al progetto sono stati più numerosi dell'effettivo numero di cucine a disposizione. Non eravamo ancora pronti a portare le cucine elettriche direttamente ai beneficiari perché cucinare con l'elettricità è molto diverso dal cucinare con la legna. Le nostre domande erano: ci sarà adesione? Le famiglie vedranno questa come una soluzione interessante? Per noi si trattava di testare l'interesse e la praticità di questi fornelli nell'utilizzo comune, perché i piatti tipici locali vengono cucinati tutti allo stesso modo, quindi se andavano bene per i nostri colleghi, sarebbero andati bene anche per i nostri beneficiari.

Un valore aggiunto di questo progetto è che ci permette di diminuire l'impatto ambientale del WFP.

A tuo avviso quali sono le principali sfide del tuo dipartimento?

La vera sfida è quella di essere in grado di motivare e sensibilizzare su questi temi tutti i colleghi del WFP, di tutte le unità, per riuscire ad interessarli all'argomento e far capire loro come aggiungendo la componente ‘energia' a tutti i programmi, questi possono essere rinforzati e migliorati.

Il settore dell'accesso all'energia è affascinante e complesso perché non può prescindere dall'esistenza di un sistema più ampio attorno al prodotto o al servizio energetico che si vuole offrire.

Che consigli ti senti di dare a chi vorrebbe lavorare per il WFP, in particolare nel tuo settore?

Il mio lavoro è mix tra captare innovazione tecnologica, capire come applicarla, sapersi muovere sul campo, e soprattutto, non spaventarsi davanti a difficoltà pratiche e concettuali. C'è sempre qualcosa da inventare, comunicare, testare, migliorare,…

"È un continuo misurarsi con i propri limiti, cercando di superare gli stereotipi culturali per poter lavorare insieme"

Per potere fare questo lavoro sono fondamentali la padronanza delle lingue, l'esperienza sul campo e la passione. È solo con la passione che tutte le difficoltà legate al lavoro in un ambiente internazionale, in cui l'emergenza è cosa di tutti i giorni, sono superabili. Senza passione è praticamente impossibile fare questo lavoro: viaggi spesso, non hai orari, soggiorni in alberghi dove vorresti esserti portato dietro il tuo sacco a pelo…

Penso inoltre che sia necessario essere disposti ad investire tempo in un'esperienza di volontariato iniziale per farsi un'idea di cosa voglia dire fare questo lavoro, e magari comprendere il vero significato di "sviluppo", che non è semplicemente "dare il cibo al bambino che piange" — lo sviluppo è una cosa molto più complessa e al tempo stesso appassionante.

Per saperne di più sull'accesso all'energia per la sicurezza alimentare, clicca qui. Se vuoi conoscere il lavoro dell'ufficio Cambiamenti Climatici del WFP, clicca qui.