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Emergenza oceani

I mari sono al centro dei sistemi globali che rendono la terra abitabile. Non proteggere la biodiverità marina significa mettere a rischio la nostra salute, a cominiciare dal cibo che mangiamo e dall’ossigeno che respiriamo.
, Emanuela Cutelli
family fishing with nets in the sea in Bangladesh
Una famiglia in Bangladesh raccoglie pesce e conchiglie. "L'acqua del mare entra nella nostra casa due volte al giorno e almeno una volta all'anno ci si allaga tutta la casa", spiega Safia Begun, madre di tre figli. Foto: WFP/Sayed Asif Mahmud 

Ѐ quanto mai appropriato tenere la Conferenza delle Nazioni Unite sugli Oceani in estate. Quest’anno, dopo l’ultima che si tenne cinque anni fa a New York, la Conferenza ha avuto luogo a Lisbona dal 27 giugno al 1 luglio. Sono stati giorni di caldo intenso, di vacanze (per molti, non per tutti) spesso trascorse al mare, a contatto diretto con uno dei beni più preziosi che abbiamo sul pianeta. Non dovrebbe, quindi, essere troppo difficile capire il valore fondamentale, per la vita sulla terra, che svolgono gli oceani. Purtroppo, però, vengono spesso dati per scontato, con la conseguenza che ci si trova ora in una “emergenza oceani”, come l’ha chiamata António Guterres, Segretario Generale delle Nazioni Unite, rivolgendosi ai delegati presenti alla conferenza di Lisbona.

“Bisogna invertire la rotta”, ha esortato Guterres, perché “oceani in salute e produttivi sono vitali per il nostro futuro condiviso”. Le azioni per proteggere, conservare quando non migliorare lo stato degli oceani devono essere ispirate dalla scienza, dalla tecnologia e dalle innovazioni, combattendo il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità e l’inquinamento, tutti fattori che stanno danneggiando in maniera, si spera non irreversibile, lo stato dei nostri mari e degli oceani. Nel 2021 è iniziata la “Decade ONU della Scienza oceanica per lo Sviluppo Sostenibile” (2021-2030), con il claim “la scienza di cui abbiamo bisogno per gli oceani che vogliamo”, su questa linea si è dunque aperta la Conferenza di Lisbona, dal titolo “Potenziare l’azione sugli oceani sulla base della scienza e delle innovazioni per l’implementazione del quattordicesimo Obiettivo Sostenibile: inventari, partnership e soluzioni”. Parole chiave: scienza e innovazione, a significare la necessità assoluta di conoscenze scientifiche e della tecnologia marina per costruire la resilienza dei nostri oceani.

people walking on a ridge of land in the sea in Bangladesh
Bangladesh. Circa il 75 per cento del paese si trova al di sotto del livello del mare. Foto: WFP/Sayed Asif Mahmud

L’altra parola chiave è Obiettivo sostenibile. Il quattordicesimo è, infatti, quello che recita “Conservare e utilizzare in modo sostenibile gli oceani, i mari e le risorse marine per lo sviluppo sostenibile”. Dovremmo essere oramai abituati all’idea che nessuno dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile potrà essere raggiunto senza che, contemporaneamente, lo siano anche gli altri, in un processo olistico di creazione di un futuro sostenibile che ci deve vedere tutti impegnati. Il World Food Programme lavora soprattutto per gli Obiettivi secondo e diciassettesimo, rispettivamente “Porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere un’agricoltura sostenibile” e “Rafforzare i mezzi di attuazione e rinnovare il partenariato mondiale per lo sviluppo sostenibile”.

Proteggere gli oceani significa, infatti, anche assicurare la sicurezza economica ed alimentare per molte popolazioni che si nutrono e prosperano di quanto il mare produce, spesso messo in pericolo da politiche miopi e pericolose per il benessere di intere comunità. Oltre 3,5 miliardi di persone contano sugli oceani per la loro sicurezza alimentare, mentre circa 120 milioni di persone lavorano in contesti di pesca o relativi all’acquacoltura. La salute umana, così come una solida crescita economica e un clima stabile dipendono dalla salute degli oceani. Queste immense masse d’acqua salata sono, inoltre, un prezioso ammortizzatore degli effetti dei cambiamenti climatici, assorbendo circa il 25 per cento di tutte le emissioni di diossido di carbonio.

Per questo, vogliamo proporre il discorso integrale del Segretario Generale Guterres alla Conferenza di Lisbona di fine giugno 2022, perché mantenga i riflettori accesi su un tema che deve essere fatto proprio da tutti, quello della protezione e conservazione dei nostri mari. Non farlo sarebbe un rischio troppo grande.

"Quando vediamo la Terra dallo spazio, apprezziamo il fatto di vivere in un pianeta blu. L'oceano ci collega tutti. Purtroppo, abbiamo dato i mari per scontato e oggi ci troviamo di fronte a quella che definirei un'“emergenza oceanica”. Bisogna invertire la rotta. Il riscaldamento globale sta facendo salire le temperature dei mari a livelli record, innescando tempeste sempre più violente e frequenti. Il livello del mare sta salendo. Le nazioni insulari basse devono fare fronte alle inondazioni, così come molte delle principali città costiere del mondo. La crisi climatica sta inoltre rendendo le acque degli oceani più acide, sconvolgendo di fatto la catena alimentare marina.

Sempre più barriere coralline si stanno sbiancando e stanno morendo. Gli ecosistemi costieri, come le mangrovie, le fanerogame marine e le zone umide, sono in fase di degrado. L'inquinamento da terra sta creando vaste zone morte costiere. Quasi l'80 per cento delle acque reflue viene scaricato in mare senza essere trattato. E nel mare, ogni anno, si riversano circa 8 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica. Senza un'azione drastica, entro il 2050 ci potrebbe essere più plastica nei mari che pesci. I rifiuti di plastica si trovano ora nelle aree più remote e nelle fosse oceaniche più profonde. Uccidono la vita marina e arrecano danni alle comunità che dipendono dalla pesca e dal turismo. Nel Pacifico, c’è una massa di plastica più grande della Francia. E dilaganti sono anche le pratiche di pesca non sostenibili. La pesca eccessiva sta paralizzando gli stock ittici. [...]

Non possiamo avere un pianeta in salute senza che lo siano anche gli oceani. La nostra incapacità di prenderci cura dei mari avrà effetti a catena sull'intera Agenda 2030. L'oceano produce più della metà dell'ossigeno che respiriamo. È la principale fonte di sostentamento per oltre un miliardo di persone. Le industrie legate all'oceano danno lavoro a circa 40 milioni di persone. Oceani sani e produttivi sono vitali per il nostro futuro condiviso. Cinque anni fa, all'ultima Conferenza delle Nazioni Unite sugli oceani, abbiamo lanciato un invito all'azione per invertire il declino della salute degli oceani e ripristinarne la produttività, la resilienza e l'integrità ecologica. Da allora, molte comunità si sono unite per proteggere le risorse marine da cui dipendono. I partenariati internazionali stanno lavorando per creare aree marine protette per il recupero della pesca e della biodiversità. E laddove è stata intrapresa una sana gestione, la pesca è ritornata fiorente. Il quadro giuridico per le questioni oceaniche è ben consolidato nella Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, che celebra quest'anno il 40° anniversario dalla sua adozione.

Mi rallegra il fatto che siano stati compiuti progressi significativi su uno strumento giuridicamente vincolante sulla conservazione e l'uso sostenibile della diversità biologica marina di aree al di fuori delle giurisdizioni nazionali. È in corso la negoziazione di un nuovo trattato per affrontare la crisi globale della plastica che sta soffocando i nostri oceani. E solo una settimana fa abbiamo visto il multilateralismo in azione con un accordo dell'Organizzazione Mondiale del Commercio sulla fine dei dannosi sussidi alla pesca.

Ora è anche ben chiaro che proteggendo e ridando vita agli oceani, stiamo agendo per fare fronte alla crisi climatica. Dopo la COP26, il ruolo degli oceani rispetto al cambiamento climatico è ora integrato nel lavoro dell'UNFCCC, l'organizzazione che, come sapete, è estremamente importante per la lotta al cambiamento climatico e che organizza le diverse conferenze degli Stati che hanno preso decisioni molto importanti, a partire dall'Accordo di Parigi. E abbiamo anche visto progressi nella scienza oceanica e nella sua capacità di informare la politica. Abbiamo visto la scienza e le conoscenze tradizionali mettersi insieme per una migliore gestione degli oceani. Tutti questi sforzi devono essere migliorati e intensificati durante il Decennio delle Nazioni Unite per la scienza oceanica per lo sviluppo sostenibile, lanciato lo scorso anno. [...]

Tutto questo è certamente vero. Ma non facciamoci illusioni. Molto di più deve essere fatto da tutti noi, insieme. Oggi vorrei proporre quattro raccomandazioni.

In primo luogo, esorto tutte le parti interessate a investire in economie oceaniche sostenibili per cibo, energie rinnovabili e mezzi di sussistenza. Ciò comporta nuovi livelli di finanziamento a lungo termine. Il quattordicesimo Obiettivo di Sviluppo sostenibile riceve meno finanziamenti di tutti gli altri Obiettivi. La gestione sostenibile degli oceani potrebbe aiutare  i mari a produrre fino a sei volte più cibo e a generare 40 volte più energia rinnovabile di quanto non faccia attualmente. Abbiamo bisogno di modelli di business sostenibili affinché le economie oceaniche operino in armonia con l'ambiente marino e garantiscano un'industria ittica sostenibile.

In secondo luogo, l'oceano deve diventare un modello di gestione dei beni comuni globali per il nostro bene superiore. Ciò significa prevenire e ridurre l'inquinamento marino di ogni tipo, sia terrestre che marittimo. E significa potenziare efficaci misure di conservazione e una gestione integrata delle zone costiere.

Terzo, dobbiamo proteggere dall'impatto del cambiamento climatico gli oceani e le persone le cui vite e mezzi di sussistenza dipendono da essi. Tutti i nuovi investimenti in infrastrutture costiere, dalle città e dai villaggi alle installazioni portuali, dovrebbero essere resilienti al clima. Il settore marittimo dovrebbe impegnarsi a zero emissioni nette entro il 2050 e a presentare piani credibili per attuare questi impegni. Dovremmo, poi, investire di più nel ripristino e nella conservazione degli ecosistemi costieri, come le mangrovie, le zone umide e le barriere coralline, fondamentali per assorbire il carbonio e migliorare la resilienza e i mezzi di sussistenza delle persone. Infine, invito tutti a partecipare all'iniziativa che ho lanciato di recente per raggiungere l'obiettivo della piena copertura del sistema di allerta precoce nei prossimi cinque anni. Indirizzeremo gli sforzi per raggiungere le comunità costiere e coloro i cui mezzi di sussistenza dipendono dalle allerte precoci in mare.

In quarto luogo, abbiamo bisogno di più scienza e innovazione per spingerci in un nuovo capitolo dell'azione oceanica globale. Invito tutti ad aderire all'obiettivo di mappatura dell'80 per cento dei fondali marini entro il 2030. Incoraggio il settore privato ad unirsi a partenariati che supportino la ricerca oceanica e la gestione sostenibile. Esorto i governi a farsi più ambiziosi negli sforzi per il recupero della salute degli oceani. Lodo coloro che hanno intrapreso impegni di volontariato. Ogni singola persona conta. E spero di vedere un numero maggiore di impegni sull'azione oceanica in questa settimana e più avanti. […]

Vorrei concludere con un proverbio swahili molto saggio, che recita: “Bahari itatufikisha popote”, cioè “l'oceano ci porta ovunque”. Può aiutare ad aprire nuovi orizzonti e condurci verso un futuro più giusto e sostenibile per tutti. Insieme, facciamo tutti la nostra parte per fare la differenza per l'oceano e per noi stessi."  

Queste le parole di Guterres. A cui diamo seguito sottolineando come, in un anno dai bisogni umanitari senza precedenti, con 345 milioni di persone in stato di insicurezza alimentare acuta, 828 miioni di persone che soffrono la fame cronica e 3,1 miliardi di persone che non possono permettersi cibo sano e nutriente, in un mondo che registra l’aumento più alto degli ultimi dieci anni nei prezzi del cibo, un’inflazione che non accenna a frenare, conflitti e crisi climatica che mettono la vita di milioni di persone a rischio, in un anno così decisivo per le sorti di donne, uomini e bambini che poco o niente hanno fatto per subire conseguenze di tale portata, è bene tenere a mente le parole conclusive del Segretario Generale, magari ampliandone ancora la portata: insieme, facciamo tutti la nostra parte per fare la differenza per l’oceano e per noi stessi – e per tutte quelle persone che sulla terra potrebbero non avere accesso a cibo sufficiente per sé e per i propri figli.

Fame Zero si raggiunge anche dal mare.  

(articolo uscito su The Map Report Magazine, luglio-agosto 2022)

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