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Beirut dolce-amara

Beirut, 01-09-06 (articolo di David Orr*) - “Zucchero! non c’è zucchero, dov’è il mio zucchero?” grida una donna. Sembra piuttosto arrabbiata ma non riesce a nascondere un accenno di sorriso. Tutti intorno ridono ma lei è decisa a recitare la sua parte fino in fondo. “La prossima volta assicurati che io abbia anche lo zucchero!” conclude agitando il dito contro di me.

In realtà la maggior parte delle gente venuta per la distribuzione del cibo sembra piuttosto soddisfatta di quello che ha ricevuto: un gallone di olio per cucinare, lenticchie, verdure in scatola, pane e biscotti ad alto contenuto energetico. Il pane, giganteschi dischi di “khibez” libanese non lievitato, è stato cotto poco prima al panificio di Beirut usando la farina fornita dal PAM.

Siamo ad Haret Hreik, una delle aree a sud di Beirut più gravemente colpite dai bombardamenti durante il recente conflitto. Migliaia di famiglie, in maggioranza residenti nel sobborgo musulmano - sciita, erano dovute fuggite per cercare riparo dalla pioggia di bombe caduta sulle loro case, che aveva ridotto palazzi di dieci piani in macerie. Oggi, a due settimane e mezzo dalla fine del conflitto tra Israele e milizie Hezbollah, la gente sta ritornando a sud di Beirut ed in altre parti coinvolte nel conflitto per ricomporre i frammenti della propria vita.

Tra loro c’è Heyam Safa, una signora anziana che ho conosciuto durante la distribuzione di cibo in una stradina all’interno di Haret Hreik.

“Il mio appartamento è stato completamente distrutto” mi dice mentre si siede su un muretto, stringendo tra le mani la busta con la sua razione di cibo. “Ho perso tutto, anche le mie medicine. Ne ho bisogno perché sono malata. Adesso dormo ogni notte in una casa diversa”.

Considerando tutto quello che ha passato, questa gente ha davvero una capacità di recupero e un umore incredibile. La prima volta che ho visitato il sobborgo, Ali, un uomo d’affari e rappresentante comunale regolarmente eletto, mi ha guidato in un “tour della devastazione”. Dopo otto anni passati a Boston a vendere e comprare jeans Levi's, Ali parla un inglese perfetto. Mi porta a vedere la sua stazione di autolavaggio, o almeno quello che ne rimane: lamiere contorte e macchinari distrutti.

Quando non è impegnato a supervisionare i lavori di ripulitura del suo negozio distrutto, Ali aiuta ad organizzare la distribuzione di cibo e collabora in altre attività del Comune. E’ sempre in movimento, parla con quattro persone alla volta; alla sua sinistra una donna pretende subito la sua razione di cibo: “Adesso! Mi senti? Non posso tornare domani!” gli grida, mentre alla sua destra tre palestinesi discutono animatamente perché non hanno i documenti necessari per poter ricevere le razioni di cibo.

La stradina interna dove è in corso la distribuzione del cibo è un angolo di quiete rispetto alla strada principale intasata da file interminabili di automobili che procedono a passo d’uomo e camion carichi di detriti. Alcune zone sono intatte mentre in altre decine di edifici sono stati colpiti.

Bulldozer e martelli pneumatici sono al lavoro incessantemente tra enormi cumuli di cemento. Frugando tra i detriti si trovano pezzi di mobili, lavatrici distrutte e altri oggetti casalinghi. Nel mezzo del frastuono e della polvere, la gente rovista tra le macerie, nel tentativo di recuperare pochi effetti personali.

Nella stradina interna in un’ex profumeria è in corso la distribuzione delle ultime razioni di cibo, di oggi. Domani altro cibo verrà distribuito. Le autorità dei quattro municipi di Beirut-sud calcolano che nelle prossime settimane distribuiranno razioni del PAM a più di 100,000 persone.

“Ci aspettano tempi duri” dice Ali “Ma anche noi siamo dei duri. Ce la faremo”.

*David Orr è il Portavoce del Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite in Libano. L'articolo è stato pubblicato sul sito del Guardian online.