Skip to main content

Aumento dei prezzi dei beni alimentari: le risposte a 10 domande

Aumento dei prezzi dei beni alimentari: le risposte a 10 domande
I prezzi dei beni alimentari stanno salendo di nuovo. Gli ultimi dati mostrano che i prezzi hanno superato il picco raggiunto durante la crisi nel 2008, ma per il momento, il mondo non sta vivendo una ripetizione di quella crisi. Tuttavia, le preoccupazioni restano dato che si prevede che i prezzi rimarranno alti per parecchi mesi.

ROMA – Sono varie le cause e gli effetti dell’attuale aumento dei prezzi del cibo. Qui trovate risposta a 10 questioni fondamentali.

1. Quanto alti sono realmente i prezzi del cibo?

L’Indice globale dei prezzi dei beni alimentari della FAO ha raggiunto 231 punti a gennaio. Si tratta di un picco più alto di quello precedente di 213,3 raggiunto nel 2008, il valore più elevato registrato dalla FAO da quando ha introdotto l’indice di misurazione.

2. Dunque sarà peggio del 2008?

Non necessariamente. Le scorte dei principali prodotti alimentari sono maggiori rispetto a due anni fa. Le riserve di riso, farina e mais bianco (il più importante alimento base in molti paesi a rischio) sono adeguate e questo abbassa la percentuale di rischio rispetto alla crisi del 2007/08.

3. Qualche altra differenza rispetto al 2008?

Nel 2008, i prezzi erano condizionati dall’aumento del prezzo del petrolio che raggiunse il picco di oltre 150 dollari al barile. Il prezzo attuale del petrolio ha ora superato i 100 dollari al barile, raggiungendo il punto in cui l’utilizzo del mais per la produzione di biocombustibile diventa molto più fattibile. Il costo del petrolio condiziona il costo dei fertilizzanti e dei trasporti - entrambi fattori decisivi per il costo del cibo.

4. Quando hanno cominciato a risalire i prezzi?

La scorsa estate, siccità e incendi in Russia, seguiti da una politica di divieto di esportazione hanno portato all’incremento del costo della farina. Il costo del mais giallo invece è aumentato negli ultimi sei mesi a causa di raccolti inferiori alle aspettative, e a un maggiore utilizzo del mais per la produzione di biocarburanti negli Stati Uniti.

5. Quali sono le previsioni?

Difficile da dire. I dati mostrano che la pressione sui prezzi a livello mondiale non tende ad allentarsi. Ѐ plausibile ritenere che i prezzi si manterrano elevati anche nei mesi a venire. L’andamento dei raccolti nel 2011 sarà decisivo per delineare il livello di stabilità dei mercati internazionali.

6. Chi verrà maggiormente colpito?

I prezzi elevati del cibo rappresentano un problema per i paesi poveri che vivono di importazione di prodotti alimentari. Se i prodotti importati costano di più questi paesi hanno difficoltà nello sfamare la popolazione. A livello individuale, i prezzi elevati sono un problema per le famiglie che spendono la maggior parte delle proprie entrate per alimentarsi. In molti paesi in via di sviluppo la gente spende il 60-80 per cento delle proprie entrate in cibo.

7. L’innalzamento dei prezzi potrebbe rappresentare un vantaggio per i coltivatori poveri?

L’innalzamento dei prezzi può rappresentare un’opportunità di guadagno per chi vive di agricoltura. Il problema è che molte di queste persone non producono abbastanza cibo nemmeno per se stesse e non sono in grado di venderlo. In genere, non hanno accesso ai mercati dove i prezzi sono, comunque, elevati, né possiedono le risorse necessarie all’acquisto di fertilizzanti per migliorare la produzione agricola.

8. In che modo l’innalzamento dei prezzi condiziona il lavoro del WFP?

Più della metà dei prodotti alimentari vengono acquistati grazie a donazioni in contanti, quindi prezzi più elevati significa meno cibo per gli affamati.

9. Quanto cibo compra il WFP?

Nel 2010, il WFP ha acquistato beni alimentari per un valore di 1,5 miliardi di dollari. Di questi, 975 milioni di cibo proveniente da paesi in via di sviluppo. La farina costituisce circa il 39 per cento del cibo acquistato, il mais il 18 per cento. Il prezzo dei cereali è salito di circa il 50 per cento a partire da luglio 2010.

10. Quali sono le speranze?

Ѐ incoraggiante che la questione sia nell’agenda degli incontri del G20 di quest’anno, insieme con i possibili modi di fronteggiare le conseguenze dell’innalzamento dei prezzi, come il divieto d’esportazione. I divieti non dovrebbero condizionare il lavoro degli operatori umanitari. Ci si aspetta anche che i governi creino delle riserve di cibo nelle zone a rischio.