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Audizione alla Camera dei Deputati del Direttore Esecutivo del World Food Programme (WFP), James Morris

Roma, 07-11-06 (Articolo) - Grazie, presidente. Onorevoli parlamentari, sono molto lieto, anche a nome dei miei colleghi, di essere qui presente. Con questo splendido paese abbiamo un rapporto straordinario da molto tempo e sono consapevole della grande esperienza di molti dei presenti nel far fronte alle questioni umanitarie e del profondo interesse nei confronti del nostro lavoro.

È necessario valutare l'impatto della globalizzazione. Il mondo è diventato il nostro mercato: non c'è mai stata tanta ricchezza nel mondo, né opportunità tanto numerose. Debbo dirvi, però, che oltre 850 milioni di persone sono denutrite e vivono al di fuori dei benefici dell'economia globalizzata. Purtroppo, devono preoccuparsi di rimediare qualche granello di cereale o qualche bacca per il magro pasto serale.

Questa fame diffusa è un sintomo di una globalizzazione economica che non è riuscita a raggiungere tutti. Quindi, la nostra volontà di porre fine a questo flagello centenario, la fame, sarà determinante per il giudizio della storia sulla globalizzazione.

Il mondo si è ristretto, è diventato più piccolo dal punto di vista economico e culturale. Le vittime dei conflitti in paesi lontani come il Darfur talvolta cercano rifugio sui lidi italiani; la povertà e la fame spingono i senegalesi a vendere borse da signora sulle strade, o le filippine a fare lavori domestici a Roma. Anno dopo anno, centinaia di migliaia di persone lasciano le loro famiglie per cercare di beneficiare in Italia della prosperità di cui tanto hanno sentito parlare.

La globalizzazione ha sicuramente ridotto il senso di isolamento, percepito in gran parte del mondo in via di sviluppo. I paesi poveri oggi possono accedere a conoscenze e informazioni che, in realtà, superano di gran lunga le informazioni disponibili nel secolo scorso anche alle classi più abbienti dei paesi ricchi.

Vorrei citarvi in particolare il caso di Mohamed Sokar, un rifugiato somalo che vive nel campo di Dadaab nel Kenya settentrionale. Le razioni alimentari del Programma alimentare mondiale (PAM) si stavano esaurendo nel loro campo rifugiati, quindi Mohamed ha utilizzato il proprio telefono portatile per inviare un appello a un dipendente del PAM al nostro ufficio di Londra. Certo, può sembrare strano che un uomo che non ha da mangiare possa permettersi un telefono cellulare, ma questo è uno dei paradossi dell'Africa moderna, dove i cellulari non sono considerati un bene di lusso, bensì un collegamento necessario per ricomporre una collettività frammentata.

Purtroppo, all'inizio dell'anno il PAM per carenza di fondi era stato costretto a ridurre drasticamente le razioni per i rifugiati. Fortunatamente, grazie all'aiuto dei donatori, siamo riusciti a ricondurre a livelli accettabili le razioni alimentari per Mohamed e gli altri rifugiati.

Mancano dieci anni allo scadere dell'obiettivo del Millennio di dimezzare la popolazione affamata. Come segnalato anche dalla FAO pochi giorni fa, non sono stati realizzati progressi rispetto a questo o agli altri obiettivi del Fondo alimentare mondiale, nella riduzione del numero di coloro che hanno fame. Per raggiungere questi obiettivi, dovremmo ogni anno ridurre di 31 milioni il numero delle persone che hanno fame, cosa che non avviene, anzi avviene il contrario, giacché si assiste a una crescita media annua di 4 milioni di persone. Dobbiamo quindi ridurre il numero di coloro che soffrono la fame nel mondo di 31 milioni ogni anno per dieci anni.

La FAO ha pubblicato quest'anno un rapporto sull'insicurezza alimentare, che conteneva qualche elemento positivo. Sono stati, infatti, evidenziati alcuni miglioramenti nell'Asia, nell'area del Pacifico, nell'America latina e nei Caraibi. Grossi progressi sono stati registrati soprattutto in Cina e nel sud-est asiatico. In realtà, negli ultimi 25 anni, in Cina il numero delle persone malnutrite si è ridotto di 300 milioni di persone, risultato tra i più rilevanti degli ultimi 100 anni. La situazione, invece, è peggiorata nell'Africa subsahariana, dove abbiamo 206 milioni di persone (un abitante su tre) denutrite. L'Asia meridionale ha il numero più elevato di persone affamate nel mondo (quasi 300 milioni) e il numero è attualmente in aumento in Pakistan e in Bangladesh.

Come vedete, si tratta di dati veramente deprimenti. Vi chiederete forse come mi sia possibile, dopo cinque anni ai vertici del PAM, non gettare la spugna per la disperazione. Questo mi induce ad alcune precisazioni concernenti il PAM stesso. Negli ultimi dieci anni, la gravità delle crisi alimentari lo ha reso la principale agenzia umanitaria al mondo. A differenza della FAO, la cui prima competenza è promuovere lo sviluppo agricolo, il PAM è chiamato a erogare assistenza alimentare diretta ai più poveri.

Il problema non è l'esiguità degli interventi dei donatori, perché l'assistenza allo sviluppo è andata aumentando negli ultimi anni, bensì l'impossibilità di promuovere lo sviluppo in un contesto in cui la gente ha fame. La politica deve essere «food first», ovvero riguardare gli alimenti prima di tutto. I donatori devono prima affrontare i problemi della fame, gettando così le basi per un intervento sulla crescita e lo sviluppo. Purtroppo il numero dei nostri beneficiari è aumentato: nel 2005, il PAM ha fornito alimenti ad oltre 90 milioni di persone, di cui 58 milioni bambini, in ottantadue paesi. Sono veramente orgoglioso dei nostri collaboratori, la maggior parte dei quali sono italiani. Il nostro staff è stato all'altezza di emergenze sempre più complesse, ma queste cifre debbono scendere.

Abbiamo visto che il 2005 è stato caratterizzato da una serie di catastrofi quali lo Tsunami, la situazione del Niger, il terremoto in Pakistan, l'aggravarsi della situazione nel Darfur. Quest'anno si sono verificati una gravissima siccità nel corno d'Africa e il conflitto libanese. Per quanto riguarda il Libano, sono lieto di comunicarvi che abbiamo appena portato a conclusione un intervento di tre mesi erogando assistenza alimentare ad oltre 810 mila libanesi colpiti da bombardamenti.

Il PAM si è anche distinto per il suo ruolo di leadership e di coordinamento nel fornire supporto logistico e di telecomunicazione alle altre agenzie umanitarie. Quindi, per quanto riguarda la riforma dell'ONU, questo è l'esito positivo di un'impostazione secondo la quale un'agenzia garantisce il coordinamento delle altre che le ruotano attorno. Il PAM è riuscito, in un paese in cui da anni non ha un ufficio, ad organizzare in un paio di settimane un'operazione poi gestita da centocinquanta collaboratori, libanesi e stranieri. I nostri donatori possono essere certi che non siamo rimasti un giorno di più di quanto non fosse indispensabile.

L'Italia ha svolto un ruolo importantissimo nel Libano, come anche in altri focolai di crisi, quali la Somalia, il Darfur e l'Afghanistan. Il Governo italiano ci ha sempre fornito un sostegno prezioso, anche grazie al deposito per gli interventi umanitari di Brindisi. Ogni anno, Brindisi offre supporto logistico, strutture, assistenza alimentare e non alimentare al PAM e ai nostri partner, tra i quali la Cooperazione italiana, le agenzie dell'ONU e le organizzazioni non governative.

Ogni anno, da Brindisi partono in media centotrenta voli. Il modello di Brindisi si è rivelato così valido che stiamo realizzando una rete di analoghi depositi e analoghe basi di rapido intervento per coprire le esigenze di Medio Oriente, Africa, Asia e America Latina. Desidero quindi rendere omaggio all'Italia per aver messo a punto questo modello. L'Irlanda finanzierà un centro analogo nel Ghana.

Desidero anche sottolineare che lavoriamo assiduamente al fianco di più di trenta ONG italiane, tra le quali mi limito a citare Intersos, Alisei e la Comunità di Sant'Egidio. Senza il sostegno di questi imprescindibili interlocutori in ventisei paesi essenzialmente africani, il PAM non riuscirebbe ad assolvere al proprio mandato. Quindi, dovete essere orgogliosi delle vostre ONG.

Vorrei anche parlare di un altro importante accordo tra Italia ed Egitto, un accordo di debt swap, conversione del debito, in base al quale l'Italia rinuncia al rimborso del credito erogato all'Egitto purché questi fondi vengano investiti su un progetto concordato. Il PAM è riuscito ad ottenere 7,8 milioni di euro per tre anni per un programma di mense scolastiche in Egitto.

In base alla mia esperienza, vi garantisco che assicurare l'alimentazione per i bambini a scuola è un punto di svolta per questi paesi, per aiutare la prossima generazione, soprattutto le ragazze. Chiunque abbia vissuto questa esperienza è in grado di confermare che la mensa scolastica ha cambiato la vita dei ragazzi di questi paesi.

Abbiamo inoltre progetti molto interessanti con le università e con i centri di eccellenza. Ad esempio, esiste un progetto con l'Università di Torino e l'Istituto superiore per i sistemi territoriali di innovazione per mettere a punto un sistema di preallarme ed analisi delle catastrofi naturali. Roma, che ospita la FAO, l'IFAD e il PAM, si è conquistata il rispetto a livello mondiale grazie al sostegno di un centro per la cooperazione internazionale nel settore alimentare ed agricolo.

Oltre all'iniziativa del Millennio, collegata alla conversione del debito, cogliamo l'occasione per ringraziare il Governo italiano che si occupa di pagare l'affitto annuo di 5 milioni per la sede del PAM, e per il profondo impegno del nostro staff, al cui interno circa trecento elementi sono italiani. L'ambasciatore Bertini, rappresentante permanente italiano presso le agenzie dell'ONU a Roma, è un collega straordinario che fornisce un mirabile contributo al nostro comitato esecutivo e a cui rendo sinceramente omaggio.

Negli ultimi anni l'Italia ha sempre dato prova di grande generosità collocandosi tra i primi dieci donatori. Purtroppo, c'è stata una brusca interruzione di questa linea di tendenza, per cui quest'anno è scesa alla venticinquesima posizione. Capisco i vincoli di bilancio e la difficoltà dei tempi, ma l'Italia è ancora una delle economie più forti del mondo, e quindi la invitiamo a considerare la possibilità di offrire al PAM un contributo proporzionale alla sua forza economica, traducendo eventualmente questo sostegno in sistemi di assistenza alimentare quali le mense scolastiche. Ad esempio, se dovessimo ottenere un contributo proporzionale, il contributo italiano dovrebbe essere pari al doppio rispetto ai 38 milioni di euro che abbiamo avuto nel 2005. Dunque, il doppio sarebbe proporzionato alla forza economica del paese.

La nostra organizzazione si basa su finanziamenti volontari, non abbiamo un finanziamento a carico del bilancio dell'ONU. Ogni anno le colleghe al mio fianco girano per il mondo cercando di ottenere per il nostro bilancio finanziamenti pari a 3 miliardi di dollari. Quindi, spero che la nostra partnership con il Governo italiano si rafforzi ulteriormente.

Per quanto riguarda l'assistenza allo sviluppo, l'Italia è comunque rimasta tra i primi dieci. Tra l'altro, l'efficienza di un investimento volto a prevenire, ad intervenire prima che una comunità entri in crisi è da cinque a dieci volte maggiore, con un notevole risparmio rispetto ad un intervento di urgenza. Uno dei sistemi più innovativi per aumentare i finanziamenti per le attività umanitarie potrebbe essere rappresentato da una lotteria di Stato, poiché un italiano su due compra i biglietti per varie lotterie. Ebbene, l'anno scorso abbiamo realizzato un'indagine su scala europea, da cui è emerso che l'85 per cento degli acquirenti regolari dei biglietti sarebbe favorevole ad una lotteria a favore di progetti umanitari. Il Parlamento europeo e il commissario europeo per gli affari umanitari, Louis Michel, hanno sostenuto questa idea.

Se, ad esempio, l'Italia istituisse una lotteria in più all'anno, i proventi di questa potrebbero essere utilizzati per combattere la fame dei bambini senza aumentare le spese pubbliche e imputando l'operazione all'assistenza ufficiale allo sviluppo. Lavoriamo da vicino con il direttore esecutivo dell'UNICEF, Ann Veneman, cercando di condurre una campagna a favore della lotta contro la fame per l'infanzia. Abbiamo delle statistiche tremende, dati dei quali dobbiamo veramente vergognarci, che evidenziano l'inaccettabile realtà per cui 18 mila bambini muoiono ogni giorno per cause legate alla fame, ovvero un bambino ogni cinque secondi. Pensate a quale drammatica reazione assisteremmo se i giornali pubblicassero la notizia che un Boeing 747 è precipitato con a bordo un numero equivalente di bambini e che da oggi in poi ogni giorno ne moriranno altrettanti. Questo in realtà avviene realmente, perché essi muoiono per cause legate alla denutrizione.

Norman Borlaug, padre della «rivoluzione verde» che ha salvato oltre un miliardo di vite, ci sollecita, quando abbiamo a che fare con la fame e la denutrizione, ad utilizzare coraggiosamente le informazioni e i dati per convincere i leader politici. Oggi nel mondo l'offerta alimentare è sufficiente a nutrire tutti, quindi la sfida principale è rappresentata dai problemi politici.

Dal punto di vista delle calorie, l'Italia ha abbastanza alimenti per nutrire tutti gli italiani e tutte le persone denutrite dell'Etiopia; le calorie in soprannumero della Francia potrebbero alimentare tutte le persone che hanno fame in Congo; l'Unione europea nel suo complesso potrebbe fornire calorie per tutti gli europei, più tutte le persone affamate dell'Africa.

Ci chiediamo dunque per quale motivo un africano su tre sia denutrito, perché il 38 per cento dei bambini o dei giovani africani sia denutrito e indebolito dalle malattie. Ciò non dipende soltanto dal non mangiare sufficientemente, ma anche dal fatto che solo mangiare le cose giuste (micronutrienti, la vitamina A, il ferro, lo iodio) consente di crescere a un organismo in fase di sviluppo. Fondamentali sono anche l'igiene di base, come lavarsi le mani con il sapone per bloccare i batteri, e avere a disposizione acqua potabile. Bastano pochi centesimi, ad esempio, per sverminare un bambino. Per questo motivo UNICEF, PAM e ONG, anche in reazione alle preoccupazioni manifestate dalla Banca mondiale, hanno realizzato il cosiddetto pacchetto essenziale di servizi da erogare alle famiglie che corrono maggiori rischi di denutrizione, a un costo inferiore a 63 euro all'anno. Non è tanto per salvare una vita umana. L'iniziativa mira a porre fine alla fame dei bambini.

Bisogna, innanzitutto, individuare quelli più bisognosi, tre quarti dei quali vivono in soli dieci paesi. È necessario quindi sostenere le organizzazioni locali affinché possano fornire questo pacchetto essenziale di servizi dal punto di vista dell'alimentazione, della sanità e dell'igiene, e indurre altri a condividere queste priorità e ad erogare servizi come vaccinazioni e scolarizzazione.

Durante la mia udienza con Sua Santità Benedetto XVI, abbiamo parlato di un mondo in cui i bambini possano crescere e studiare senza paura della fame. Abbiamo bisogno di collaborare con le persone di ogni fede. Il sostegno concreto, spirituale e morale della Chiesa e del Papa è per noi una grande fortuna e un grande privilegio.

Se la globalizzazione fallisce, dunque, le conseguenze verranno pagate dai bambini ad un prezzo enorme, anche in termini di instabilità globale. L'Italia lo sa bene, perché assiste a continue ondate di disperati che arrivano sulle sue spiagge cercando una vita migliore. L'Italia sa anche quanti suoi militari siano impegnati in missioni di mantenimento della pace nel mondo, tanto che nel 2007-2008 assumerà un ruolo determinante come membro del Consiglio di sicurezza dell'ONU.

Alla luce di questo, il PAM sarebbe molto lieto di continuare a contare sull'Italia quale suo «avvocato» nel Consiglio di sicurezza, quale portavoce dei problemi dei poveri e della fame. Abbiamo bisogno del sostegno dell'Italia per garantire che le decisioni prese dal Consiglio in merito al Darfur, alla Corea, alla Palestina, al Congo tutelino gli interessi dell'infanzia, dei bambini che sono la categoria più vulnerabile e che sono il nostro futuro. Il Presidente nigeriano Obasanjo, durante la sua visita a Roma di qualche mese fa, ha sottolineato come un uomo che ha fame abbia anche rabbia. Dobbiamo allora impegnarci per evitare che questi bambini crescano con la fame e con la rabbia.

È stato per me un grande onore e una grande fortuna vivere in questo splendido paese per cinque anni come direttore esecutivo del PAM. Ho potuto fare affidamento sul costante sostegno del Governo e del popolo italiano nella lotta alla fame. Più tardi, riceverò per questo dal Presidente della Repubblica una onorificenza, di cui sono molto grato.

Grazie per la vostra attenzione, della vostra passione e del vostro interesse. Per concludere citerò un proverbio sardo che coglie lo spirito della nostra attività, amato anche dalle mie nipotine: «Quando dividiamo il nostro desco, un angelo si posa sul nostro piatto».

Cliccare qui per leggere il testo completo dell'audizione del Direttore Escutivo del Programma Alimentare Mondiale (PAM), James Morris